Dicembre 2015
"Il pellerossa nel presepe"
Il pellerossa con le piume in testa
e con l’ascia di guerra in pugno stretta,
come è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l’asinello, e i Magi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via, Toro Seduto:
torna presto da dove sei venuto.
Ma l’indiano non sente.
O fa l’indiano.
Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua
ha fatto tanto viaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.
Novembre 2015
Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l' Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce
Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un'alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l'alba nascente fu una luce
fuori dall'eternità dello stile....
Nella storia la giustizia fu coscienza
d'una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.
Pier Paolo Pasolini
Settembre-Ottobre 2015
… Questa era la rotta,
quando dall’onde sorgendo Orione nemboso
tra secche oscure ci ha spinto e tra scogli
con venti impetuosi ci sperse sul mare violento;
e pochi su queste tue spiagge a nuoto scampammo.
Ma che stirpe è questa di uomini, che barbara patria
è questa che tali costumi permette?
Ci negano perfino la spiaggia; ci muovono guerra,
ci vietano in un orlo di arena la sosta; se voi
il genere umano spregiate e dei mortali le armi,
temete almeno gli Dei che sempre ricordano
le azioni compiute dagli uomini nel bene e nel male.
da: Eneide Libro I 539-545.
Trad di E. Cetrangolo
Maggio-Giugno 2015
Dall’'albero al libro (da “"Nella foresta del vocabolario"” di Aldo Gabrielli. Mondadori 1977)
E poiché una parola tira l’altra, sempre rimanendo nel campo della scuola o più genericamente degli studi, della cultura, mi vien fatto di parlare del libro che è dopo tutto lo strumento primo del sapere. Qui si parte nientemeno da un albero. Se apriamo infatti una qualsiasi enciclopedia apprendiamo che il fusto di una pianta legnosa è costituito via via, partendo dall’esterno, del cosiddetto periderma, che copre la corteccia, la quale fascia il libro, che a sua volta… fermiamoci al libro, ché del resto, qui almeno, non interessa. Liber, donde l’italiano libro, chiamarono i Latini questa parte appunto più interna della corteccia; una parte fibrosa, elastica, sulla quale gli antichi trovarono comodo tracciare le loro scritture prima della scoperta del papiro egiziano. E liber, per metonimia, chiamarono poi anche ogni foglio vegetale recante uno scritto; e liber dissero infine estensivamente ogni gruppetto di questi fogli scritti e raccolti insieme.
I Greci per indicare il libro usavano la parola biblion, perché biblos era la materia fibrosa del papiro - la nota pianta palustre che nasceva abbondante soprattutto in Egitto - sulla quale materia, opportunamente conciata, vergavano i loro scritti. (Ogni persona anche approssimativamente colta sa, o dovrebbe sapere, che la Bibbia è così chiamata da biblia, plurale di biblion; cioè “i libri” per antonomasia, i libri per eccellenza, i libri sacri. E dallo stesso termine greco derivano i termini nostri bibliofilo, amico dei libri, biblioteca, deposito dei libri, ecc.).
I Francesi chiamano la carta papier, chiara derivazione dal latino papyrus, papiro; nome vegetale che ha dato ugualmente origine all’inglese paper, al tedesco papier, allo spagnolo papel.
Ma l’italiano carta, domanderà qualcuno, di dove deriva? Deriva dal latino charta, disceso a sua volta dal greco chartes, nome con cui i greci indicavano il foglio del papiro preparato per la scrittura.